Samadhi, l’Unione. La Libertà nel Qui e Ora

Samadhi è l’ottavo ed ultimo passo dell’Asthanga Yoga di Patanjali

Con Dharana, abbiamo imparato a “legare” la mente in modo focalizzato. Con Dhyana, abbiamo imparato a fonderci con l’oggetto della nostra focalizzazione. Ma anche se c’è fusione, i tre aspetti della nostra consapevolezza (oggetto della meditazione, corpo e ciò che stiamo facendo) mantengono comunque una loro indipendenza (come lo zucchero in un bicchiere d’acqua, prima di sciogliersi completamente nell’acqua stessa).

Quando la consapevolezza del nostro corpo e di ciò che stiamo facendo (la meditazione) svaniscono, lasciando solo la consapevolezza dell’oggetto della meditazione, vuol dire che Dhyana si evoluto ulteriormente in Samadhi, l’ultimo stadio della pratica dello Yoga.

Samadhi è lo stato di calma interiore, raggiunto tramite la meditazione. Ha più livelli, a seconda del grado di assorbimento di mente, cuore e consapevolezza nell’oggetto di meditazione.

La parola Samadhi significa, letteralmente, “mettere insieme” ed è, spesso, tradotta come “assorbimento”, “liberazione”, “realizzazione”, “beatitudine”.
A volte, queste parole sono associate a una sorta di “mondo trascendentale”, cioè nel senso che, per raggiungere lo stato di vera libertà, dobbiamo trascendere noi stessi e le nostre vite.

Ma c’è una ragione per cui si chiama anche realizzazione: raggiungere il Samadhi significa realizzare la vita stessa che è dentro di noi, proprio in questo preciso momento.

Come esseri umani, spesso ci sentiamo separati o con una vita incompleta. Spesso, pensiamo che avere quella nuova macchina, o ottenere quel bel lavoro, o raggiungere quel peso sociale “ideale”, possa rendere completa la nostra vita.
Se qualcuno ci chiede chi siamo, le nostre risposte sono legate alla nostra storia, a ciò che abbiamo fatto, a ciò che ci piacerebbe fare, al nostro lavoro, ai nostri ruoli di figlia, figlio, madre, padre, marito moglie… E, di solito, in queste storie, c’è la sensazione di qualcosa che vorremmo cambiare, ottenere, migliorare o eliminare.

Spezzando la parola a metà, “sama” significa “stesso” o “uguale”, e “dhi” significa “vedere”. Il samadhi ci incoraggia a lasciar andare queste storie, e “vedere allo stesso modo”, senza che la nostra esperienza sia condizionata da simpatie, antipatie o abitudini, senza bisogno di giudicare o attaccarsi ad alcun aspetto particolare.
Samadhi significa vedere la vita e la realtà esattamente per quello che è, senza i nostri pensieri, giudizi, simpatie, antipatie, che ci legano all’alternanza di piacere e dolore, condizionandoci l’esistenza.

Il messaggio di Samadhi è che la completezza non si trova nel passato o nel futuro o nelle storie che costruiamo intorno alle nostre vite, ma si trova nel momento presente.
In Samadhi, sei il Creatore divino, pienamente realizzato, poiché l’illusione di qualsiasi cosa separata svanisce come un vecchio strato di pelle.

E così finiamo dove abbiamo iniziato. Comprendiamo pienamente da dove veniamo e abbracciamo anche dove stiamo andando.

Nell’ultimo Sutra, Patanjali parla di Kaivalya, indipendenza, assolutezza e liberazione, i cui risultati sono un dono per il raggiungimento della pura consapevolezza.

Praticare gli otto passi dello yoga, significa seguire una tabella di marcia, dataci da Patanjali per liberarci dai confini del condizionamento sociale e dell’Io personale perché la costante disciplina e la pratica quotidiana aiutano ciascuno di noi a sollevarsi e rompere i vecchi schemi e abitudini.

Forse, non raggiungeremo mai il Samadhi in questa vita, ma saremo sicuramente migliori e più evoluti come umani, grazie alla pratica quotidiana del sistema dell’Asthanga Yoga.

Vorrei chiudere questa serie di post dedicati all’Asthanga Yoga di Patanjali, ricordandoti di trattarti sempre, man mano che cresci e ti migliori, con compassione, amore, comprensione e perdono.
Fallirai, ricadrai nei tuoi vecchi schemi e nelle tue vecchie abitudini, dimeticherai ciò che hai imparato. E’ inevitabile! Non ti arrabbiare, non ti scoraggiare perché potrai sempre ritornare nel punto in cui ti sei perso, per riprendere il tuo cammino!

Infine, ricorda sempre la tua divinità. Ricorda che sei pieno di amore assoluto e niente di meno. E soprattutto, ricorda che è un viaggio e non una destinazione.

Om Shanti,
Simona