Yoga, le Fonti della Conoscenza. I Testi Classici sullo Yoga

Le origini dello Yoga non sono del tutto certe. Secondo le opinioni più accreditate, nasce in India tra il IV e il II millennio a.C. A quell’epoca risalgono, infatti, i reperti archeologici di Harappa e Mohenjo Daro, siti archeologici della valle dell’Indo (attuale Pakistan) che raffigurano divinità e figure ascetiche sedute in posizioni yoga.

 

Per secoli lo yoga è stato tramandato per lo più oralmente, da maestro ad allievo.
La prima testimonianza scritta sullo yoga si trova nei Veda (Veda significa “conocenza), i più antichi testi della cultura indiana, databili tra il 1500 e il 1200 a.C. Sono tra le prime opere ad ipotizzare un’interconnessione tra tutte le componenti dell’universo conosciuto e non conosciuto.
I Veda si suddividono in quattro parti: Rig, Sama, Yajur e Artharva, che comprendono 1180 sezioni. Sono scritture rivelate, essendo state ascoltate da saggi illuminati (rishi), durante una profonda meditazione yogica.

E’ nel Rig Veda, il più antico testo vedico, che lo yoga è menzionato per la prima volta e definito come “unione” o “disciplina”, senza far riferimento ad alcun tipo di pratica.
Il termine ricompare nel Vratya Kanda, il quindicesimo libro dell’Artharva Veda, dove ancora una volta il termine si riferisce ad un mezzo per unire. Ancora più importante, è qui che si fa riferimento, per la prima volta, al pranayama, il controllo della respirazione.

 

E’ con le Upanishad che lo yoga viene approfondito. Chiamate anche Vedanta, le Upanishad sono la parte conclusiva dei Veda. Il termine deriva dalle parole sanscite upa (vicino) e shad (sedersi) e, quindi, Upanishad significa “sedersi giù vicino” e indica il momento in cui gli allievi ascoltavano e apprendevano gli insegnamenti tramandati oralmente dai maestri.

Le Upanishad descrivono lo yoga come un sentiero da percorrere per raggiungere la liberazione dalla sofferenza, attraverso la saggezza. Durante questo periodo, si delineano due sentieri dello yoga: Karma Yoga (yoga dell’azione) e Jnana Yoga (yoga della conoscenza).

Le Upanishad non si occupano, in modo dettagliato, della filosofia dello yoga e non offrono un metodo per la sua pratica. Però, delineano alcuni importanti enunciati:

  • la nostra vera natura (atman, anima o coscienza individuale) è la stessa di quella dell’universo (brahman o coscienza universale);
  • tutti gli esseri viventi sono soggetti al ciclo di nascita, morte e rinascita (samsara);
  • le azioni che compiamo nella vita attuale determinano la natura della nostra rinascita (karma);
  • gli effetti del karma possono esser invertiti, attraverso pratiche come la rinuncia (sannyasa) e la meditazione;
  • lo yoga è un mezzo per trascendere la gioia e il dolore, e vincere la morte;
  • la mente può esser calmata tramite il controllo della respirazione (pranayama);
  • lo yoga è l’unione di respiro e mente;
  • viene descritto un sentiero a sei passi per realizzare l’unione tra coscienza individuale (atman) e coscienza universale (brahman).

 

Il primo vero testo di yoga è la Bhagavad Gita, risalente al IV secolo d.C., che fa parte del Mahabharata, uno dei più grandi poemi epici dell’India insieme al Ramayana.

La Bhagavad Gita, scritta dal saggio Vyasa, consiste in 700 versi in sanscrito. Insegna l’arte del retto vivere e del retto agire.
Secondo la Bhagavad Gita, ci sono tre percorsi che conducono alla verità suprema: il sentiero del servizio disinteressato (Karma Yoga), il sentiero dell’amore e della devozione a Dio (Bhakti Yoga) ed il sentiero della conoscenza (Jnana Yoga).

Nella Bhagavad Gita, sono indicate le pratiche degli yogi del tempo: il pratyahara (la ritrazione dei sensi) e il pranayama (il controllo della respirazione).

 

Il primo documento scritto che delinea la filosofia, gli obiettivi e le tecniche dello yoga è lo Yoga Sutra, scritto dal saggio Patanjali, prima del 400 d.C. (tra il 50 a.C. e il 400 d.C.).

Con questo testo, Patanjali unì le varie pratiche e tradizioni yogiche esistenti, codificandole in un unica opera sistematica e coerente, ponendo le basi dello yoga moderno.

Il cuore dello Yoga Sutra è il sentiero degli otto passi, base della moderna pratica dello yoga:

1) Yama, principi etici universali
2) Niyama, prescrizioni personali
3) Asana, posizioni yoga (posture)
4) Pranayama, tecniche di respirazione
5) Pratyahara, ritiro dei sensi
6) Dharana, concentrazione focalizzata
7) Dhyana, meditazione
8) Samadhi, beatitudine o realizzazione

 

Altri importanti testi sullo yoga, successivi allo Yoga Sutra, sono gli scritti di Goraska e del suo maestro Matsyendra, vissuti intorno al IX-X secolo d.C.

Nel suo primo testo sull’Hatha Yoga, Siddha Siddhanta Paddhati, Goraska descrive i chakra e afferma che ci sono sei livelli di incarnazione, dal corpo fisico al corpo sottile.

 

Nel XV secolo, Swatmarama scrive l’ Hatha Yoga Pradipika, il più antico testo giunto a noi sull’Hatha Yoga. Contiene istruzioni sulla pratica delle posizioni (Asana), sugli esercizi di respirazione (Pranayama), sulle tecniche di purificazione (Kriya), sui mudra e sui bandha.

 

Un altro testo importante, il Gheranda Samhita, risalente alla fine del XVII secolo indica 32 asana e 25 mudra, fornisce indicazioni sull’alimentazione e sulla condotta che ogni praticante di yoga dovrebbe mantenere (niyama).

 

Agli inizi del XVIII, compare il testo più completo sull’Hatha Yoga, lo Shiva Samhita.
Quest’opera, il cui l’autore è sconosciuto, affronta le diverse correnti filosofiche, le asana, la meditazione, le energie del corpo, l’importanza del guru, i quattro sentieri dello yoga e i vari metodi per raggiungere la liberazione e come superare gli ostacoli per ottenerla.

 

Questi sono i testi considerati fondamentali. Tuttavia, ci sono molti altri scritti importanti nella filosofia dello yoga.

 

Om Shanti,

Simona