Lo yoga accresce la nostra Conoscenza e il nostro Non Sapere

Quando pratichiamo lo yoga, facciamo un passo indietro e osserviamo noi stessi. Studiamo sotto ogni aspetto, dal tangibile all’intangibile. Osserviamo i nostri corpi fisici mentre pratichiamo; osserviamo le sensazioni che sorgono, sia quelle di gioia che quelle di disagio; osserviamo ciò che succede nelle nostre teste; osserviamo come siamo in ogni momento energeticamente e così via.

E mentre studiamo, cresciamo la nostra saggezza su noi stessi, facciamo crescere la nostra conoscenza.
Questo accrescimento del nostro sapere è l’aspetto più facile di un percorso yogico per molti di noi perché, è nella natura umana, sentirsi a proprio agio, quando aumentiamo la nostra conoscenza.

Ma lo yoga fa crescere anche il nostro “non sapere”: non possiamo sapere quale tipo di pratica è migliore per noi in un dato momento. Potremmo non sapere quale sia l’allineamento “giusto” per il nostro corpo in una certa posizione; potremmo non sapere quale tipo di sentimento stia sorgendo in una certa parte del nostro corpo, o potremmo semplicemente non sapere chi siamo.
Questa è la parte meno facile di un percorso yogico perché ci sentiamo a disagio nel “non sapere”.

Spesso iniziamo a praticare yoga per una ragione specifica, per esempio, per costruire la forza o per rilassarsi (io ho iniziato perché avevo un trauma ad un ginocchio che mi impediva di avere una normale quotidianeità). Qualunque sia la nostra ragione, man mano che procediamo con la nostra pratica, vediamo cose di noi stessi che non avevamo mai visto o conosciuto prima. Sperimentiamo che, adottando la pratica dello yoga, siamo entrati in qualcosa di molto più grande e sconosciuto.

Prima di praticare lo yoga, pensavamo di sapere cosa fosse lo yoga e ora, più ci esercitiamo, più sorgono dubbi su quale sia la “vera” pratica dello yoga. Poi, proprio quando abbiamo iniziato a sentirci un po’ confusi su noi stessi e sulla pratica dello yoga, leggiamo o qualcuno ci dice che “lo yoga non è dogmatico”. Per praticare lo yoga, non è necessario avere un credo, un’anima o un vero Sé. Non è necessario credere che abbiamo sette chakra e canali energetici nel nostro corpo.

Quando pratichiamo lo yoga, prendiamo il nostro tappetino e mettiamo da parte tutte le convinzioni su noi stessi e il mondo per la durata della nostra pratica.
Ciò significa che quando pratichiamo, passiamo nell’ignoto, nel non sapere, e facciamo un passo indietro, osserviamo e lasciamo spazio a qualcosa di nuovo.

Il processo che attraversiamo quando pratichiamo lo yoga è, in essenza, il risveglio: svegliarsi con ciò che è reale, con ciò che è ignoto per noi. Attraverso la ripetizione della pratica, usciamo gradualmente dalla nostra rassicurante “zona di conforto” (l’area mentale che ci fa sentire a nostro agio, ma che non ci permette di evolvere, di migliorare) per abbracciare il non sapere, l’ignoto, il mistero del Sé e della vita.

E, mentre seguiamo questo processo, diventiamo più morbidi e compassionevoli con noi stessi, gli altri e il mondo in generale, abbandoniamo i nostri giudizi e le nostre costruzioni mentali per diventare più aperti nelle nostre relazioni.

E questa apertura è uno dei doni più grandi dello yoga.