Yama, i principi etici universali

Il primo passo dello Yoga, descritto da Patanjali nella sua opera “Yoga Sutra” è Yama che viene paragonato alle radici di un albero, perché è la base sulla quale cresce tutto il resto.

Yama vuol dire freno, controllo. Riguarda le prescrizioni sociali, cioè prevede regole di comportamento verso gli altri. Si tratta di principi universali che si ritrovano anche in altre culture, sia religiose che filosofiche.
Dunque, rappresentano indicazioni per un buon comportamento etico, quello preferibile per chi, oltre ad ottenere un un corpo flessibile e qualche beneficio antistress, vuole raggiungere anche gli stadi più elevati dello Yoga.

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Gli Yama sono cinque: Ahimsa, Satya, Asteya, Brahmacharya, Aparigraha.

1) Ahimsa o Non-violenza

Ahimsa significa non ferire, nel senso di evitare la violenza su tutti gli esseri viventi e a tutti i livelli: fisico, verbale, mentale, emotivo.

Il primo passo da compiere è quello di eliminare la violenza fisica perché, di conseguenza, si elimina la violenza verbale. Eliminando la violenza verbale, si evita anche di pensare in modo violento o offensivo. Questo è importante perché, in questo modo, è possibile controllare anche le emozioni negative.

Se vuoi praticare lo Yoga, questa è la prima regola che devi rispettare perché una mente piena di odio e di pensieri violenti non può essere stabile e, quindi, la tua evoluzione interiore sarà ostacolata.

Nell’esecuzione delle nostre Asana (posizioni yoga), dal principiante allo yogi più esperto, potremmo sentirci frustrati se non progrediamo come vorremmo.
Se teniamo sempre ben presente il concetto di Ahimsa durante la nostra pratica, abbandoniamo ogni idea negativa sul nostro corpo, accettando completamente noi stessi, senza amareggiarci, se il nostro corpo non è flessibile come vorremmo.

La non violenza, in senso fisico, significa che ascoltiamo il nostro corpo e rispettiamo i nostri limiti. Ovviamente, per migliorare, “sfidiamo” i nostri limiti, cercando di spostarli un po’ più in là, ma sempre con dolcezza e, soprattutto, senza procurarci dei danni.

Se, invece, cerchiamo di superare i nostri limiti fisici con violenza, senza rispetto per il nostro corpo,  perché dobbiamo assolutamente arrivare a quella posizione che abbiamo in mente, non stiamo affatto migliorando dal punto fisico, ma siamo entrati in una dimensione di competizione con noi stessi (e questo non è Yoga!) che soddisfa il nostro ego, ma ci procura sforzo mentale e maggiore rigidità fisica (il nostro corpo si difende!)

Viceversa, se abbandoniamo ogni aspettativa e smettiamo di rimproverarci perché non riusciamo ad eseguire gli asana in modo perfetto, il nostro corpo risponderà lavorando con noi e non contro di noi e, quindi, si rilasserà, facendoci sperimentare una bellissima sensazione di “scioglimento” delle tensioni fisiche ed emotive.

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Guarda i tuoi pensieri,
diventano parole.
Guarda le tue parole,
diventano azioni.
Guarda le tue azioni,
diventano abitudini.
Guarda le tue abitudini,
diventano carattere.
Guarda il tuo carattere,
diventa il tuo destino”.

Lao Tzu

2) Satya o Verità

Praticare Satya significa aderire e ricercare la sincerità nella vita personale e sociale.

Chi pratica Yoga deve imparare a dire la verità, a sé stessi e agli altri, anche se è necessario rispettare la loro sensibilità per non ferirli.

Poiché ogni bugia ne trascina un’altra, è necessario avere una grande creatività, ma soprattutto un’ottima memoria per ricordarle tutte. Questo processo ruba energia e crea sentimenti di colpa nella mente, rendendola meno stabile.
Non dimentichiamoci mai che la verità dà coraggio e non affatica mai la nostra mente.

Eseguire gli asana con Satya significa esser sinceri con sé stessi, rispettando le esigenze del nostro corpo e non quelle dell’ego.
Quando ci mettiamo sul tappetino, dobbiamo esser sempre onesti su cosa abbiamo bisogno, effettivamente, in quel momento.

Un modo semplice per osservare Satya nella nostra pratica è quello di prestare attenzione al nostro respiro.
Se, durante un asana, il respiro è teso, superficiale, affannato, vuol dire che il corpo sta subendo un disagio e, quindi, si irrigidisce per evitare un danno ad un’articolazioni o ad un legamento.
Ciò accade, ad esempio, quando vogliamo ridurre i tempi di riuscita di un asana, senza rispettare le esigenze del nostro corpo che, invece, potrebbe avere la necessità di seguire un percorso più lungo che preveda una maggiore flessibilità o un maggiore rafforzamento muscolare per poter eseguire quella posizione, in modo confortevole e senza danni.

🕉 Asato Maa

Om Asato Maa Sad-Gamaya
Tamaso Maa Jyotir-Gamaya
Mrtyor-Maa Amrtam Gamaya

Guidami dall’irreale al reale
Dalle tenebre (ignoranza) alla luce (conoscenza)
Dalla morte all’immortalità.

3) Asteya o non rubare

Asteya significa non rubare e, quindi, eliminare dalla propria vita ogni atto o desiderio di appropriazione e disonestà nei confronti degli altri.

La necessità di rubare sorge a causa della mancanza di fiducia in noi stessi per essere in grado di creare quello che ci serve da soli.
Ma rubare significa porsi in una situazione di tensione, coltivare un senso di colpa, continuare a temere per mesi o per anni di esser scoperti. Questo non solo crea tensioni che usurano precocemente la vita, ma induce, spesso, a far uso di droghe e alcol per “allontanarsi” temporaneamente da sé stessi.

Rispettare Asteya, quando si praticano gli asana, significa non rubare, a noi stessi, una pratica sana, sostenibile e naturale.

Quando forziamo i nostri limiti, senza rispettare il nostro corpo, probabilemte, abbiamo paura di non essere abbastanza bravi.
Se permettiamo, invece, a noi stessi di essere aperti e di accettare la nostra pratica così com’è in quel momento, non ci sentiremo inadeguati o non in grado di eseguire alcuni asana perché non è il loro numero, eseguite in modo perfetto, che definiscono la nostra pratica, ma la consapevolezza che le accompagna!

Come possiamo fare per eseguire una pratica nel rispetto di Asteya? Proviamo a sperimentare l’abbondanza. Nella vita e sul tappetino, muoviamoci sapendo che abbiamo abbastanza, che siamo abbastanza.
L’abbondanza è la chiave per volere e desiderare di meno e, quindi, per sentirsi più ricchi e felici dentro di noi.

🕉 Ogni volta che un sentimento di “vuoto” o di desiderio nascono, pratichiamo utilizzando il mantra “Sono Abbastanza”.

4) Bramhacharya, giusto utilizzo dell’energia

Brahmacharya significa seguire Brahman, inteso come il principio divino dell’universo.
Secondo la mitologia indiana, l’universo è governato da:
  • Brahma, il creatore;
  • Visnu, il garante della stabilità;
  • Shiva, il tempo divoratore e distruttore.

Solo Visnu e Shiva sono sposati. Brahma, il creatore, è celibe. Questo starebbe a significare che si possono raggiungere poteri spirituali e creativi superiori, solo tenendo sotto controllo la dispersione dell’energia sessuale.
Perciò, secondo alcuni, chi pratica Yoga dovrebbe evitare ogni attività sessuale, mentre, secondo altri, è sufficiente che l’attività sessuale sia moderata.

Troppo sesso è come mangiare troppo. Se si eccede nel mangiare, la digestione diventa lunga e richiede molta energia. Inoltre, si introducono nutrienti in eccesso che, nel lungo periodo, pongono le basi per l’insorgere di una malattia. Però, se si mangia in modo insufficiente, l’organismo si ammala, mentre se non si mangia, si muore!

Perciò, secondo una moderna interpretazione, possiamo dire che, per Brahmacharya, intendiamo il giusto utilizzo dell’energia che ci porta a considerare il modo in cui, effettivamente, indirizziamo la nostra energia: per l’appagamento di desideri fugaci, per generare pensieri negativi, per apparire quello che in realtà non siamo o per il ragiungimento di pace e felicità interiori?

Per essere la migliore versione di noi stessi e per utilizzare la nostra energia nel modo giusto, nella vita e durante la nostra pratica, dobbiamo ascoltare il nostro corpo.

Dobbiamo imparare ad esser consapevoli che un cattivo uso della nostra energia danneggia il corpo (es: dolori fisici, abbassamento delle difese immunitarie, etc.) e la mente (es.: cattivo umore, rabbia, depressione, etc.), e non lascia il necessario “carburante” per alimentare le nostre passioni, i nostri interessi, le nostre relazioni sociali, cioè la nostra quotidianeità.

Per ottenere il massimo della nostra energia e migliorare salute e benessere, dobbiamo scegliere la pratica Yoga più giusta per noi in quel momento. Infatti, la pratica Yoga può esser energica o rilassata e la scelta dipende dal momento della giornata (pratica energetica al mattino; pratica rilassata la sera), ma anche in base alle nostre condizioni fisiche e mentali percepite in quel momento.

Viviamo in un mondo basato sulla “performance”, dove un’influenza è vista come perdita di giorni lavorativi e, quindi, di efficienza sociale! Anche il fine settimana, spesso, è pieno di impegni che non lasciano spazio a noi stessi, a come ci sentiamo, a riflettere se stiamo facendo qualcosa di sbagliato o se stiamo frequentando situazioni o persone giuste per noi (ti è mai successo di frequentare persone che ti svuotono di energia o che ti mettono di malumore?) o se ci sono interessi che potrebbero “ricaricare le nostre pile”, regalandoci una maggiore vitalità che, poi, si trasformerà in salute e benessere.

Sarebbe opportuno, ogni giorno, dedicare qualche minuto all’ascolto interiore, per toglierci la nostra “corazza sociale”, per riconnetterci con la nostra vera essenza. A volte, è necessario solo qualche minuto per riprender fiato e ritrovare un po’ di pace!

Brahmacharya, nelle azioni di tutti i giorni e sul tappetino di yoga, incoraggia appunto l’uso corretto dell’energia per diventare consapevoli di come il nostro corpo e la nostra mente rispondono a certe situazioni, per coltivare una vita piena e sana.

🕉 Ascolto me stesso/a

5) Aparigraha o non attaccamento ai beni materiali

Aparigraha significa mancanza di avidità e di desiderio di possesso.

Tutti noi abbiamo una tendenza ad acquisire, possedere e conservare le cose che ci piacciono. I beni materiali sono strumenti utili per la nostra sopravvivenza, ma il desiderio eccessivo di beni superflui crea problemi dal punto di vista mentale ed emozionale. Inoltre, se siamo sensibili ai problemi ecologici del nostro pianeta, sappiamo che meno si possiede, meno si “pesa” sul mondo e sulla società, in termini di consumo di risorse e di energia.

Quanti vestiti abbiamo nel vostro armadio che non indossiamo? Quanti gadget, ornamenti e oggetti vari abbiamo acquistato di cui non abbiamo un reale bisogno? Spesso, acquistiamo questi oggetti per colmare un vuoto interiore, per acquisire uno status symbol, per sentirci all’altezza di una certa situazione.

Ma la sensazione di “felicità”, che l’acquisto di quei beni ci produce, è effimera perché, poi, si ricade in uno stato di insoddisfazione da superare solo con un nuovo acquisto.

Aparigraha ci insegna, invece, che non è necessario acquistare una nuova maglia come quella che abbiamo a casa, o una nuova macchina solo perché è meglio di quella dei nostri vicini.

L’accumulo di beni materiali ha un peso non solo fisico (vanno gestiti!), ma aggravano anche il nostro bagaglio energico perché più ci affezioniamo a loro, più abbiamo paura di perderli.
Se, invece, alleggeriamo un po’ il nostro carico vendendo o regalando cose di cui non abbiamo bisogno, ci muoveremo verso una vita meno ingombrante nelle nostre case e nelle nostre menti.

Aparigraha è uno degli insegnamenti più importanti del testo yogico della Bhagavad Gita, in cui Krishna dice che non dovremmo mai preoccuparci dei frutti di un’azione, ma svolgere quell’azione solo per sé stessa.
Se pensiamo che sia giusto eseguire un lavoro, facciamolo con passione, godendoci il momento presente, senza avere un’aspettativa di ricompensa per le azioni compiute.

Aparigraha si applica anche nella nostra pratica di yoga. I progressi che vediamo ci incoraggiano a proseguire nella nostra pratica, ma non devono diventare l’unica ricompensa da perseguire. La pura gioia della pratica è la più grande ricompensa, cioè pratichiamo Yoga solo per l’amore di praticarlo.

Aparigraha ci offre tanta libertà:

  • libertà di lavorare e di fare ciò che amiamo, senza preoccuparsi del risultato;
  • libertà di fare meno affidamento sui beni materiali per avere felicità;
  • libertà di sperimentare tutto ciò che la vita può offrirci, qualunque cosa possa essere perché la vita è cambiamento, un costante stato di flusso. 

🕉 Qui ed Ora

Om Shanti,
Simona